Lev Yashin |
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| Dunkirk è un'opera straordinaria. Christopher Nolan decide di andare in controtendenza a quanto fatto negli ultimi 3 suoi film, che eccedevano di passaggi dialogici ridodandanti e a volte calcavano la mano sull'esposizione. Lavora solo di sottrazione abbracciando ripetutamente la sua idea di punto di vista che, stavolta, è declinata in una rilettura del montaggio alternato: non offre più raccordi di montaggio con scene identiche come in Memento, fornendo una mappa per districarsi nella geografia mentale della spiaggia francese, ma sceglie una simultaneità asincrona percepita da diverse soggettive. Il molo diventa un luogo d'assedio carpenteriano dove si è braccati da un nemico imperscrutabile che scatena un istinto di sopravvivenza autodistruttivo proprio come in The Prestige, con cui non a caso condivide uno dei tanti shot giganteschi del film. Il regista londinese porta alle estreme conseguenze la sua visione del Tempo parallelamente alla sua analisi sulla crisi dell'individuo. Gli uomini sono così spersonalizzati e anestetizzati dalla violenza fisica e psicologica della guerra che sembrano tutti uguali e senza nome come figli diseredati o senza padre. Tuttavia stavolta non possono rifugiarsi in una realtà diversa che li possa proteggere, perché un mare invalicabile, che nè offre la vita come in Interstellar nè apre la via verso un limbo eterno come in Inception, li vincola in un'infinita atemporalità spezzata da un atto eroico, suggerito con uno sguardo, non più di un innocente. Il ritorno a casa è mesto per come è avvenuto, le scelte morali sono punite, quelle immorali premiate, quindi forse non resta spazio per l'eroismo, consumato da una fiamma che nemmeno la Patria può estinguere.
Si potrebbe aprire un discorso lunghissimo su tutte le scelte estetiche e di regia che si susseguono vertiginosamente durante tutta la durata, ma aspetto prima che tutti abbiano visto il film per parlarne con dovizia di particolari.
Edited by Lev Yashin - 5/9/2017, 09:05
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