[SCHEDA] Dunkirk, info, credits, poster, trailer

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Lev Yashin
view post Posted on 2/3/2017, 21:42 by: Lev Yashin     +4   +1   -1

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TRATTO DALLA RIVISTA FRANCESE PREMIERE

Il demiurgo del pop, inventore di idee folli, che regna nel mondo dell'intrattenimento da 10 anni, è tornato. Ma questa volta, Nolan si è messo a nudo: senza i suoi trucchi magici o le sue spirali teoriche. Congeda il mondo dei sogni di Inception, il montaggio non-lineare di Memento o i buchi neri di Interstellar. Dunkirk racconta la storia di un pugno di soldati in ritirata (Tom Hardy, Cillian Murphy, Harry Styles, ...) bloccati su una spiaggia, tra il mare grigio e agitato del Canale della Manica e i bombardamenti dei tedeschi. Un film di guerra autentico, reale, brutale e ansiogeno. Veramente?

Naturalmente, come sempre con lui, è un po' più complicato di così..."Lo garantisco, non c'è sci-fi", ride, mentre ci dà il benvenuto nella sala di montaggio. Per i suoi fan di lunga data che riguardano frame per frame i due trailer disponibili, per capire quando il film possa regalare un colpo di scena, la risposta è no: "Dunkirk sarà fedele agli eventi, alla realtà della storia e alla realtà dei luoghi."

Forse questo è l'aspetto più "nolaniano" del progetto. Alcuni si chiedono ancora se, alla fine del sogno di Inception, la trottola continui o meno a girare. Lo stesso è vero per l'Operazione Dynamo (nome in codice dell'evacuazione del Maggio 1940). Per alcuni, il salvataggio di Dunkirk fu una vittoria (340000 soldati salvati mentre Churchill se ne aspettava dieci volte meno); per altri, fu una terribile umiliazione ("la Guerra non si vince con le evacuazioni", dichiarò lo stesso Churcill). Questo è lo strano episodio di una battaglia fasulla che Nolan ha scelto di narrare attraverso il fato di piloti, marinai, soldati e civili. Una storia piena di ambiguità, ideale per giocare col genere. C'è sempre stato in quest'uomo un desiderio di rifiutare i vincoli della logica narrativa, di frammentare in migliaia di pezzi la linearità dello storytelling. Qualunque sia il genere con cui si confronta, il suo cinema si basa sull'arte del ritmo e del montaggio che gli permettono di impiegare i suoi meccanismi incredibilmente immersivi. Ed è ciò che noi testimoniamo quando entriamo nella sala di montaggio degli studi Warner. Vediamo Nolan a lavoro. Lo vediamo mentre decostruisce un piano, modificando in modo sottile un suono per dare forza ad un'immagine e renderla indelebile (il suo senso del quadro è intatto), tutto con la maestria di un killer che sa anche mescolare i formati (il prologo che fonde 70mm e IMAX è follia visiva) e che spiega il lavoro ad un veterano ingegnere del suono. E' in questo modo che lui sceglie di darci il benvenuto e di svelarci qualcosa su Dunkirk.

PREMIERE: Ero molto sorpreso di vedere quanto tu fossi preciso nel missaggio sonoro. Puoi spiegare cosa stavi facendo?
CN: E' molto semplice in realtà. Nella sala, il montatore sulla sinistra si occupa della musica del film. L'altro sulla destra degli effetti sonori. E a questo livello, controlliamo il bilanciamento, la commistione tra questi due flussi. E' un processo molto sottile, ma quando aggiungiamo questi due elementi (musica ed effetti), lavorando su centinaia di dettagli sonori, definiamo il tono e la coesione del film

PREMIERE: Ti vedevo mentre chiedevi che il suono di una bomba iniziasse un quarto di secondo prima, o di alzare un po' di più il rumore degli stivali o il fruscio delle uniformi dei soldati sulla spiaggia...
CN: Cambia totalmente lo spirito e l'energia di una scena. E quindi le tue emozioni, ciò che provi quando stai guardando il film. Lo scopo con Dunkirk è di ricreare la sensazione primitiva di terrore che colpì i soldati bloccati sulla spiaggia. E il suono è un elemento essenziale che fa provare alle persone le percezioni di coloro che erano intrappolati durante i bombardamenti.

PREMIERE: Quando ho visto il prologo e mi sono reso conto del poco tempo che gli hai dedicato, sono rimasto impressionato dalla concretezza tangibile del film. I personaggi sono definiti dai loro gesti, dai loro costumi e dai loro suoni. Sono ridotti ai minimi termini.
CN: Quando ho condotto le mie ricerche sull'epoca, ho capito che i soldati a Dunkirk erano completamente persi. Quando leggi i resoconti di guerra, raccontano sempre dell'orrore della situazione. Ma i resoconti della battaglia di Dunkirk insistono su qualcos'altro: ciò che prevale, non è l'orrore, bensì l'impossibilità, il paradosso, l'incomprensione. Nel Maggio 1940, la situazione su questa spiaggia era kafkiana. Lo paragono al massimo incubo della burocrazia. Ci sono enormi file che si distendono e nessuno ti dice cosa fare, dove andare, a chi rivolgersi... Niente a che vedere con l'orrore dello sbarco. Il sentimento che dominava era la frustrazione.

PREMIERE: Frustrazione?
CN: Si, perché è una situazione molto semplice: la spiaggia dove i soldati furono bloccati, il mare e la casa dalla parte opposta. E i bombardamenti tedeschi. L'aspetto più spaventoso per le persone sul molo era rimanere su questo argine per imbarcarsi su una nave. Giorni e giorni ad aspettare, non sapendo se alla fine una barca sarebbe arrivata. E una volta che si trovavano su quella struttura durante i bombardamenti, avrebbe impedito la fuga. Il molo Est è ciò che immediatamente mi ha affascinato in questa storia. Non avevo mai sentito parlare di questa banchina. Lunga 1 km verso il mare e larga 2 metri e mezzo. E le barche che si accostavano a questo pontone. Gli uomini provavano a posizionare le scale a pioli ma la marea era così forte che rendeva tutto molto complicato. La storia delle persone che stavano sulla spiaggia è spaventosa.

PREMIERE: Come tradurre tutto questo in un film?
CN: Questa è la domanda che mi sono immediatamente posto: "Come lo faccio percepire alle persone?" La descrizione grafica non era molto interessante. Ho preferito creare un film sensoriale, quasi sperimentale. Senza dialoghi. I soldati non hanno storia - almeno io non la racconto. E' un film che mira a far conoscere l'esperienza di questi personaggi dalla loro interiorità. Le loro paure, la loro ansia, la loro angoscia.

PREMIERE: Quando ho finito di visionare il prologo, due persone che mi hanno accompagnato hanno citato Saving Private Ryan.
CN: Hmmm...E?

PREMIERE: Beh, ho l'impressione che il paragone non sia necessariamente così ovvio. Non c'era niente di viscerale in ciò che ho visto.
CN: Questo non è ciò che ho provato a fare in effetti. Il film di Steven Spielberg è un lungo incubo, trasmette un'ansia che non ha niente a che fare con la frustrazione o la logica del fallimento. E' una paura biologica. Ryan è un film riguardo il corpo, il sangue, la paura di essere smembrato. La paura è fisica. Steven è stato capace di creare un'intensità viscerale dell'esperienza della guerra. Dunkirk non gioca nella stessa categoria. E' collegato alle nostre sensibilità, ma è anche dovuto alla realtà che viene raccontata. Steven ha creato la massima versione del caos della guerra. Io non ho usato quel registro...

PREMIERE: Come definiresti il tuo approccio a questo film?
CN: E' un film con suspense e corsa contro il tempo. La paura su cui gioco è più...intellettuale.

PREMIERE: Dunkirk sembra accentuare una rottura nella tua filmografia. E' un film classico, libero da ogni idea elevata, dei tuoi "trucchi" da mago. E' come se tu stessi tornando ad un cinema più classico e lineare. Al contrario della sua veste fantascientifica, Interstellar si muoveva già in quella direzione, ma questa volta sembra perfino più radicale.
CN: Si e no. Il film è centrato sul presente, l'immediatezza delle situazioni. Meno sul tempo. Gioco su diversi livelli di temporalità, ma per ragioni diverse. Interstellar cercava di capire l'effetto del tempo sulle emozioni e sull'esperienza umana. Qui, provo a trascrivere il tempo presente dell'esperienza. Le emozioni sono compresse. Sembra più semplice o più lineare, ma la struttura del film rimane complessa.

PREMIERE: Cosa intendi?
CN: Volevo che Dunkirk fosse raccontato da tre punti di vista. L'aria, la terra e il mare. Per le persone imbarcate nell'evacuazione del Maggio 1940, gli eventi ebbero luogo in differenti livelli di temporalità. Sulla terra, alcuni soldati aspettarono sulla spiaggia per una settimana. Sulle navi, le evacuazioni durarono al massimo un giorno e se volavi a Dunkirk da UK, gli Spitfire (aerei da combattimento usati dai piloti della RAF durante la guerra) avevavano carburante sufficiente per un'ora. Per mescolare queste diverse visioni della storia, si dovevano mischiare gli strati temporali. Da cui una struttura complicata, anche se l'arco narrativo è molto semplice.

PREMIERE: Mi stai dicendo che Dunkirk è Inception nel Maggio 1940?
CN: (ride) No, perchè in questo caso, volevo che l'audience vivesse quest'esperienza, non che la ricostruisse. Non è più un puzzle.

PREMIERE: A differenza di Interstellar o Inception qui conosciamo la fine...
CN: Dunkirk racconta una serie di situazioni paradossali. La più ovvia, quella che sorregge il film è in effetti nota, ma non necessariamente da tutti. L'esercito è bloccato su questa spiaggia e deve attraversare il Canale della Manica per tornare a casa. Dentro questa struttura globale, ce ne sono altre: un soldato riuscirà ad arrivare al molo? Il pilota sarà capace di compiere la propria missione? E piano piano, il film si concentra su sequenze di suspense dotate di una dimensione molto umana. E' un film dove l'empatia per i personaggi non ha niente a che fare con i loro destini o le loro storie. Tutti questi eroi non hanno storie personali... Il problema non è chi sono o ciò che affermano di essere. L'unica domanda che conta è: ce la faranno? Saranno uccisi dalla prossima bomba mentre provano a giungere al molo? Riusciranno a non essere travolti dalle barche mentre provano ad attraversare il mare?

PREMIERE: Molto hitchcockiana come idea.
CN: Assolutamente. Hitchcock riusciva a farti tremare per le sorti di un personaggio, non importava quale fosse il giudizio morale che tu avessi. Siamo interessati al successo o al fallimento di un'azione nel momento in cui essa accade. Nient'altro. Prendi Psycho: Anthony Perkins mette il cadavere nel bagagliaio e lo lascia nella macchina. Appena si mette in moto, si comincia a preoccupare. Sarà catturato? E sentiamo quest'ansia insieme a lui! In quel momento, quasi ti dimentichi che sia il bastardo della storia, che lui abbia appena ucciso una donna... E' la forza del cinema di Hitchcock: vivere l'intensità del momento presente, senza dover spiegare cosa sia successo prima. E' il principio di Dunkirk per trovare l'intensità immediata. Io non ho fatto un film di guerra, ma un film di sopravvivenza, la cui energia è controllata dalla suspense.

PREMIERE: Qual è l'impulso che ti spinge a fare un film? E' un'immagine? Un suono? Una storia? Come ti è venuto in mente di fare Dunkirk?
CN: Emma (Thomas, sua moglie e produttore) mi ha consigliato di leggere un libro sull'evacuazione del Maggio 1940, dicendomi che forse ci potesse essere un soggetto per me. L'ho trovato molto interessante, ma non fu immediato. Gradualmente, una visione ha iniziato a perseguitarmi. Quella del molo di cui parlavo. Questi soldati ammassati sulla banchina. Ci ho visto un'immagine elementale. Ecco perché l'abbiamo messa nel primo trailer. E' un'immagine che non avevo mai visto prima e che possiede una forza metaforica, allegorica se vuoi, che risuona immediatamente nell'inconscio. E' diventata come un incubo - sai, questi sogni dove immagini di fuggire da un pericolo ma non puoi muoverti, non puoi proprio scappare. Questo è ciò che ho trovato in tutti i resoconti riguardanti Dunkirk. E' come...quando sei in aeroporto, sei in fila e il volo è improvvisamente cancellato. Il paragone può sembrare banale, ma quando uno prova questo tipo di esperienze, si accorge di quanto sia straordinariamente frustrante. Ti citavo Kafka: è da questo aspetto che lui dovrebbe aver trovato le fonti per i suoi romanzi e specialmente per "Il Processo". Il paradosso della burocrazia, la realtà che fugge. Il molo è quello. Conoscendo la fine dell'episodio di Dunkirk (il successo dell'evacuazione), quando ho percepito l'incubo che questi soldati potessero aver vissuto e l'idea di collegare questa frustrazione e la riuscita dell'operazione, allora tutto questo ha creato un potere simbolico che poteva dar vita ad un film.

PREMIERE: Inizia sempre con un'immagine?
CN: No. Per Interstellar, fu lo script. La storia pensata da mio fratello Jonathan. In realtà fu più un'idea contenuta nella prima parte: il rapporto tra padre e figlia e l'idea dello studiare questa relazione su una scala cosmica. Per Memento, fu il concetto della messa in scena...dipende.

PREMIERE: Citavi Hitchcock. Mi chiedevo in quale misura Dunkirk interagisse con il cinema classico e specialmente con i grandi film di guerra britannici
CN: Ho rivisto alcuni film di guerra degli anni '40 e '50 per via del soggetto, ma da un punto di vista produttivo, ho passato un sacco di tempo a vedere film muti. Per le scene di massa. Il modo in cui le comparse si muovono, si evolvono, il modo in cui lo spazio viene gestito, il punto di vista usato. Per lo storytelling, rivedere Intolerance, Sunrise o anche Greed è stato un esercizio molto stimolante. Cercavo opere su larghissima scala. Ciò che mi affascina dei film muti è il modo in cui usano la geografia, lo spazio per raccontare la storia.

PREMIERE: Nel prologo, c'è questa inquadratura impressionante dove vediamo il porto da molto in alto. Quasi il punto di vista di Dio. In qualche modo fornendo la struttura del labirinto e le regole del gioco. "Questo è dove stiamo per giocare...".
CN: La geografia è un aspetto essenziale dello storytelling, è vero. Diciamo così tante cose ancorando la storia in un luogo preciso...non è un caso che "Cuore di Tenebra" di Conrad sia uno dei miei romanzi preferiti. E' la più pura forma di geografia e storytelling. Conrad non si ripete mai, affonda gradualmente nelle profondità della mente umana. E' un viaggio interiore o un viaggio fuori da se stessi? Questa è la vera domanda che Conrad si pone. E 2001! E Dante! Come raccontare il viaggio? Questa è la principale domanda del cinema; quella che mi affascina di più. E quando ci occupiamo di un luogo e della sua geografia e della loro relazione, allora l'analogia con l'anima e la mente diventa ovvio. Dunkirk narra di un luogo molto speciale che evoca esattamente la Bibbia. Nel Maggio 1940, gli inglesi erano gli Ebrei fuggiti dall'Egitto e mandati indietro dal Mar Rosso. E in una civilizzazione Giudaico-Cristiana aggiunge un livello molto forte di mitologia.

PREMIERE: Hai rivisto il film del 1958 diretto da Leslie Norman?
CN: No. Non ero nemmeno a conoscenza della sua esistenza prima di lanciare la produzione di Dunkirk. Appena ho iniziato ad informarmi seriamente sugli eventi, questo film è riapparso velocemente. Ma non ho voluto riguardarlo. Una delle ragioni per cui volevo raccontare questa storia è che pensai che dovesse essere raccontata in modo moderno, per il pubblico di oggi. Avevo bisogno di pensare a film che si concentrassero su situazioni specifiche. Hitchcock, Clouzot ...

PREMIERE: Clouzot?
CN: Si. The Wages of Fear. La maggior parte della crew non capiva perché li mostrassi questo film. Ma è uno di quelli che rende meglio l'idea. Pura suspense. Parla della meccanica, di procedure e di difficoltà fisiche. Guarda la scena in cui il camion deve tornare indietro sulla piattaforma e le ruote non rispondono...Questo è ciò che cercavo per Dunkirk! Volevo mostrare come si potesse portare un camion su una banchina, cosa succede quando gli pneumatici non riescono a passare, quando le ruote non rispondono più. Pura fisica.

PREMIERE: Il metodo è il cuore della maggior parte dei tuoi film. E' la benzina di Memento, è la meccanica di Batman (come un supereroe è costruito in modo concreto) e il soggetto profondo di The Prestige.
CN: Giusto. Il metodo mi affascina, i processi meccanici e umani. Era una delle mie ossessioni per Dunkirk. Ho riguardato Pickpocket e Un condamné à mort s’est échappé proprio per quello. Bresson descrive nel dettaglio qualunque cosa, crea suspense con i dettagli. Tutto riguarda il metodo, i movimenti. Dunkirk si avvicina a questo aspetto: dissezionare il metodo per creare suspense. Il metodo stesso diventa intrattenimento.

PREMIERE: Ho l'impressione che Dunkirk sia un laboratorio dove hai ricercato una nuova forma per creare uno show...
CN: Ho guardato a come raccontare una storia in un modo...diciamo diverso. Per me era importante in questo film trovare uno storytelling che evitasse o cancellasse tutte le convenzioni, tutti i cliché dei film hollywoodiani. Amo i film hollywoodiani. Li ho fatti per anni. Ma ho voluto provare a lavorare in modo tale da non utilizzare quegli strumenti.

PREMIERE: Stavi "facendo film hollywoodiani". Trovo interessante quest'espressione...
CN: Ho sempre provato ad usare i film hollywoodiani in modo diverso. Ma mi piacciono questi strumenti. I miei registi preferiti hanno lavorato nel sistema hollywoodiano. The Thin Red Line è un film Fox. Hitchcok, Spielberg, Wilder hanno lavorato a Hollywood. Hanno dimostrato che sia possibile fare capolavori con le major. Non c'è niente di meglio di un film hollywoodiano avventuroso e ardito. Non capita spesso, ma quando lo vedo, mi sento soddisfatto. Eccitato. Sfidato. Più di quando ho scoperto un film divertente ma solo modesto. Se un tentpole mi affascina, mi chiede uno sforzo, mi fa sentire più intelligente...questa è la migliore esperienza che possa avere in un cinema.

PREMIERE: Mi sembra di capire che secondo te è sempre più raro oggi. Lo studio system non offre più la stessa libertà di creare. Hai avuto qualche difficoltà a produrre Dunkirk?
CN: No. Non lo so, è raro, ma lo è sempre stato! Bisogna sempre pensare fuori dalle regole. Provare cose nuove.

PREMIERE: Se dovessi scegliere, diresti che Dunkirk sarà sperimentale o molto classico?
CN: (ride) Non dirlo allo studio: sarà il mio film più sperimentale. Da tempo. Ma spero di essere sottile in questo.

Edited by Lev Yashin - 3/3/2017, 09:18
 
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